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Valerio Magrelli

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Io Mi Annoio, Capisce? ....

Io mi annoio, capisce? ....

16 aprile 1956 

 Cristina Campo, Lettere a Mita.


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1 year ago

«Oh, è difficile trovare la traccia divina in mezzo alla vita che facciamo, in questo tempo così soddisfatto, così borghese, così privo di spirito, alla vista di queste architetture, di questi negozi, di questa politica, di questi uomini! Come potrei non essere un lupo della steppa, un sordido anacoreta in un mondo del quale non condivido alcuna mèta, delle cui gioie non vi è alcuna che mi arrida? Non resisto a lungo né in un teatro né in un cinema, non riesco quasi a leggere il giornale, leggo raramente un libro moderno, non capisco quale piacere vadano a cercare gli uomini nelle ferrovie affollate e negli alberghi, nei caffè zeppi dove si suonano musiche asfissianti e invadenti, nei bar e nei teatri di varietà delle eleganti città di lusso, nelle esposizioni mondiali, alle conferenze pei desiderosi di cultura, nei grandi campi sportivi: non posso condividere, non posso comprendere queste gioie che potrei avere a portata di mano e che mille altri si sforzano di raggiungere. Ciò che invece mi accade nelle rare ore di gioia, ciò che per me è delizia, estasi ed elevazione, il mondo lo conosce e cerca e ama tutt'al più nella poesia: nella vita gli sembrano pazzie. Infatti se il mondo ha ragione, se hanno ragione le musiche nei caffè, i divertimenti in massa, la gente americana che si contenta di così poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il pazzo, il vero lupo della steppa, come mi chiamai più volte, l'animale sperduto in un mondo a lui estraneo e incomprensibile, che non trova più la patria, l'aria, il nutrimento».

Hermann Hesse, “Il lupo della steppa”, 1946.


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1 year ago
Rayuela (1963) Il Romanzo Che Pi Di Tutti Ha Contribuito Alla Consacrazione Dellargentino Julio Cortzar

Rayuela (1963) è il romanzo che più di tutti ha contribuito alla consacrazione dell’argentino Julio Cortázar nell’Olimpo dei grandi della letteratura, con Tolstoj, Hugo, Faulkner e altri grandi romanzieri, lui che era conosciuto specialmente per i suoi racconti. Eppure, Rayuela non è un romanzo nel vero senso del termine, perché ha caratteristiche proprie che lo rendono unico, discostandolo molto da ciò che è stato scritto prima ed anche da ciò che è stato scritto dopo. I tentativi di definirlo sono stati molteplici. C’è chi l’ha chiamato controromanzo, chi antiromanzo (parola che però a Cortázar piaceva poco), chi ha azzardato un’immagine suggestiva: il buco nero di un enorme imbuto. La realtà è che forse, se proprio lo si vuole riassumere in una singola espressione, si dovrebbe dire che Rayuela non è soltanto un libro, ma una grande, meravigliosa ricerca.

Una ricerca, o meglio un mosaico di numerose ricerche differenti. C’è la ricerca del protagonista Horacio Oliveira, del Centro di tutto e del Centro di se stesso, o di ciò che egli chiama il kibbutz del desiderio. C’è la ricerca del lettore, che deve muoversi tra le pagine per trovare il prosieguo della storia . C’è la ricerca di Cortázar (o del suo alter-ego Morelli), che nel romanzo persegue la distruzione degli schemi della società moderna a partire dal suo strumento principe, il linguaggio. E ovviamente c’è molto, moltissimo di più: prendendo in prestito le parole dell’autore, Rayuela è «in sé molti libri», infiniti libri, una creatura che muta e si trasforma a seconda dello stato d’animo in cui si trova il lettore in quel preciso istante della sua vita nel quale decide di aprire il romanzo. E quella di avventurarsi in un libro come questo non è una decisione da prendere a cuor leggero, perché Rayuela è, in definitiva, un grido d’allarme, una sveglia, una bomba atomica: una volta letto (in maniera attiva e consapevole) non si torna più indietro.


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